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EPOCA TERZA. CAP. XII. 229

ni, io non avrei voluto rappresentare nè anche [1772] il Gran Mogol, non che prendessi mai a rappresentare il più piccolo di tutti i Re dell’Europa, qual era il nostro: e che non rimaneva altro compenso a chi si trovava nato in simili paesi, se non se di camparvi del suo, avendovelo, e d’impiegarsi da se in una qualche lodevole occupazione sotto gli auspicj favorevolissimi sempre della beata Indipendenza. Questi miei detti fecero torcere moltissimo il muso a quell’ottimo uomo che trovavasi essere uno dei Gentiluomini di camera del Re; nè mai più avendomi egli parlato di ciò, io pure sempre più mi confermai nel mio proposito.

Io mi trovava allora in età di ventitre anni; bastantemente ricco, pel mio paese; libero, quanto vi si può essere; esperto, benchè così alla peggio, delle cose e morali e politiche, per aver veduti successivamente tanti diversi paesi e tanti uomini; pensatore, più assai che non lo comportasse quell’età; e presumente anche più che ignorante. Con questi dati mi rimaneano necessariamente da farsi molti altri errori, prima che dovessi pur ritrovare un qualche lodevole ed utile sfogo al bollore del mio impetuoso intollerante e superbo carattere.

In fine di quell’anno del mio ripatriamen- [1773]

   Alfieri, Vita. Vol. I. 15