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EPOCA TERZA. CAP. XII. |
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pessime del mondo sociale; e ciò tanto più, [1772] quanto essi si van mascherando da signori, e mentre vi danno un lauto pranzo in casa loro per fasto, vi spogliano per uso d’arte al lor banco; e sempre poi sono pronti ad impinguarsi delle calamità pubbliche. A fretta ia furia, facendo con danari bastonare Je tardissime mule mi portai dunque in due giorni soli di Barcellona a Perpignano, dove ce n’avea impiegati quattro al venire. E la fretta poi mi era si fattamente rientrata addosso, che di Perpignano in Antibo volando per le poste, non mi trattenni mai, nè in Narbona, nè in Monpellieri, nè in Aix. Ed in Antibo subito imbarcatomi per Genova, dove solo per riposarmi soggiornai tre giorni, di li mi restituiva in patria due altri giorni trattenendomi presso mia madre in Asti; e quindi, dopo tre anni di assenza, in Torino, dove giunsi il di quinto di Maggio dell’anno 1772. Nel passare di Monpellieri io avea consultato un Chirurgo di alto grido, su i miei incommodi incettati in Cadice. Costui mi ci volea far trattenere; ma io, fidandomi alquanto su l’esperienza che avea oramai contratta di simili incommodi, e sul parere del mio Elia, che di queste cose intendeva benissimo, e mi avea già altre volte