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EPOCA TERZA. CAP. XII. | 219 |
quell attimo traboccare. Del resto io non ho [1771] mai battuto nessuno che. mi servisse se non se come avrei fatto un mio eguale; e non mai eoa bastone nè altr’arme, ma con pugni, 0seggiole, o qualunque altra cosa mi fosse caduta sotto la mano, come accade quando da giovine altri provocandoti, ti sforza a menar le mani. Ma nelle pochissime volte che-tal cosa mi avvenne, avrei sempre approvato e stimato quei servi che mi avessero risalutato con lo stesso picchiare r atteso che io non intendeva mai di battere il servo come padrone, ma di altercare da uomo ad uomo.
Vivendo così come orso terminai il mio breve soggiorno in Madrid, dove non vidi nessunissima delle, non molte cose che poteano eccitare qualche curiosità; nè il palazzo àell Escurial famosissimo, nè Aranjuez, nè il palazzo pure del Re in Madrid, non che vedervi il padrone di esso. E cagione principale di questa straordinaria salvatichezza fu, l’essere io mezzo guasto col nostro Ambasciator di Sardegna; ch’io avea conosciuto in Londra dal primo viaggio ch’io ci avea fatto nel 1768, dove egli era allora Ministro, e non c’erarao niente piaciuti l’un l’altro. Nell’arrivare io a Madrid, saputo ch’egli era con la Corte in