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204 | VITA DI VITTORIO ALFIERI. |
[1771] degno oggetto; non si possono tutti questi affetti ritrarre con parole: ed ancora vent’anni dopo mi sento ribollire il sangue pensandovi.
La lasciai quella sera, dicendole: ch’ella troppo bene mi conosceva nell’avermi detto e replicato si spesso che io non l’avrei fatta mai mia moglie: e che se io mai fossi venuto in chiaro di tale infamia dopo averla sposata, l’avrei certamente uccisa di mia mano, e me stesso forse sovr’essa, se pure l’avessi ancor tanto amata in quel punto, quanto pur troppo in questo l’amava. Aggiunsi; che io pure la dispregiava un po’ meno, per l’aver essa avuta la lealtà e il coraggio di confessarmi spontaneamente tal cosa; che non l’abbandonerei mai come amico, e che in qualunque ignorata parte d’Europa o d’America io era pronto ad andare con essa e conviverci, purch’essa non mi fosse nè paresse mai d’esser moglie.
Cosi lasciatala il Venerdì sera, agitato da mille Furie alzatomi all’alba del Sabato, e vistomi sul tavolino uno di quei tanti foglloni pubblici che usano in Londra, vi slancio cosi a caso i miei occhi, e la prima cosa che mi vi capita sotto è il mio nome. Gli spalanco, leggo un ben lunghetto articolo, in cui tutto il mio accidente è narrato, individuato minuta-