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18 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1755] che tutti gli amori dell’uomo, ancorché diversi, hanno lo stesso motore.

Rimasto dunque io solo di tutti i figli nella -CAsa materna, fui dato in custodia ad un buon Prete, chiamato Don Ivaldl, il quale m’insegnò cominciando dal compitare, e scrivere, fino alla classe quarta, in cui io spiegava non male, per quanto diceva il maestro, alcune vite di Cornelio Nipote, e le solite favole di Fedro. Ma il buon Prete era egli stesso ignorantuccio,a quel ch’io combinai poi dopo;e se dopo i nov’anni mi avessero lasciato alle sue mani, verisimilmente non avrei imparato più nulla. I Parenti erano anch’essi ignorantissimi; e spesso udiva loro ripetere quella usuale massima dei nostri nobili di allora; che ad un Signore non era necessario di diventar un Dottore. Io nondimeno aveva per natura una certa inclinazione allo studio; e specialmente dopo che usci di casa la sorella: quel ritrovarmi in solitudine col maestro mi dava ad un tempo malinconia e raccoglimento.