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166 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1770] quel clima boreale era l’andare in slitta: velocità poetica, che molto mi agitava e dilettava la uon men celere fantasia.

Verso il fin di Marzo partii perla Svezia; e benché io trovassi il passo del Sund affatto libero dai ghiacci, indi la Scania libera dalla neve; tosto ch’ebbi oltrepassato la città di Norkoping, ritrovai di bel nuovo un ferocissimo inverno, e tante braccia di neve, e tutti i laghi rappresi, a segno che non potendo più proseguir colle ruote, fui costretto di smontare il legno e adattarlo come ivi s’usa sopra due slitte; e così arrivai a Stockolm. La novità di quello spettacolo, e la greggia maestosa natura di quelle immense selve, laghi, e dirupi, moltissimo mi- trasportavano;, e benché non avessi mai letto l’Ossian, molte di quelle sue iraagini mi si destavano ruvidamente scolpite, e quali le ritrovai poi descritte allorché più anni dopo lo lessi studiando i ben architettati versi del celebre Cesarotti.

La Svezia locale, ed anche i suoi abitatori d’ogni classe, mi andavano molto a genio; o sia perché io mi diletto molto più degli estremi, o altro sia ch’io non saprei dire; ma fatto si é, che s’io mi eleggessi di vivere nel Settentrione, preferirei quella estrema parte a