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162 VITA DI VITTORIO ALFIERI.


[1769] ria Teresa la genuflessioncella di uso, con uni faccia si servilmente lieta e adulatoria, ed io giovenilmente Plutarchizzando, mi esagerava talmente il vero in astratto, che io non avrei consentito mai di contrarre nè amicizia nè familiarità con una Musa appigionata o venduta all’autorità despotica da me si caldamente ahborrita. In tal guisa io andava a poco a poco assumendo il carattere di un salvati co pensatore; e queste disparate accoppiandosi poi eoa le passioni naturali all’età di vent’anni e le loro conseguenze naturalissime, venivano a formar di me un tutto assai originale e risibile.

Proseguii nel Settembre il mio viaggio verso Praga e Dresda, dove mi trattenni da un mese; indi a Berlino, dove dimorai altrettanto. All’entrare negli Stati del gran Federico, che mi parvero la continuazione di un solo corpo di guardia, mi sentii raddoppiare c triplicare l’orrore per quell’infame mestier militare, infamissima e sola base dell’autorità arbitraria, che sempre è il necessario frutto di tante migliaja di assoldati satelliti. Fui presentato al Re. Non mi sentii nel vederlo alcun moto nè di maraviglia nè di rispetto, ma d’indegnazione bensì e di rabbia: moti che si andavano in me ogni giorno afforzando e molti-