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160 | VITA DI VITTORIO ALFIERI. |
[1769] co lusingavano anche la mia ignoranza e pigrizia, perchè aperti così a caso, qual che si fosse il volume, lettane una pagina o due. Io richiudeva, ed assai ore poi su quelle due pagine sue io andava fantasticando del mio. Ma mi facea bensì molto scorno quell’incontrare ad ogni pagina di Montaigne uno o più passi Latini, ed essere costretto a cercarne l’interpretazione nella nota, per la totale impossibilità in cui mi era ridotto d’intendere neppure le più triviali citazioni di prosa, non che le tante dei più sublimi poeti. E già non mi dava neppur più la briga di provarmici, e asinescamente leggeva a dirittura la nota. Dirò più; che quei si spessi squarci dei nostri poeti primarj Italiani che vi s’incontrano, anco venivano da me saltati a piè pari, perchè alcun poco mi avrebbero costato fatica a benissimo intenderli. Tanta era in me la primitiva ignoranza, e la desuetudine poi di questa divina lingua, la quale io ogni giorno più andava perdendo.
Per la via di Milano e Venezia, due città ch’io volli rivedere;poi per Trento, Inspruck, Augusta, e Monaco,mi rendei a Vienna, pochissimo trattenendomi in tutti i sudetti luoghi. Vienna mi parve avere gran’parte dell picciolezze di Torino, senza averne il bello