Pagina:Alfieri - Vita, I, Londra, 1804.djvu/152

150 VITA DI VITTORIO ALFIERI


[1768]e me Io cavai. Uscito appena il Chirurgo, Io finsi di voler dormire, e chiusomi fra le cortine del letto io stava qualche minuti fra me ruminando a quello ch’io stava per fare, poi principiai a sfasciare la sanguigna avendo fermo in me di così dissanguarmi e perire. Ma quel non meno sagace che fido Elia, che mi vedeva in tale violento stato, e che anche dall’amico era stato addottrinato prima di lasciarmi, simulando che io lo avessi chiamato mi tornò alla sponda del letto rialzando la cortina ad un tratto: onde iò sorpreso e vergognoso ad un tempo, forse anche pentito 0 mal férmo nel mio giovenile proposto, gli dissi che la fasciatura mi s’era disfatta; egli finse di crederlo,e melari fasciò, nè piò mi volle perder di vista un momento. Ed anzi, fatto di nuovo cercar l’amico, egli corse da me, ed ambedue quasi mi sforzarono ad alzarmi da letto, e l’amico mi volle portwe a casa sua dove mi vi trattenne per piò giorni, nei quali mai non mi abbandonò. E mio dolore era cupo e taciturno; o sia che mi vergognassi, 0 che mi diffidassi, non l’ardiva esternare; onde o taceami, ovvero piangeva. Frattanto ed il tempo, e i consigli dell’amico, e le piccole divagazioni a cui egli mi costringeva, e un qualche raggio d’incerta speranza di po-