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EPOCA PRIMA. CAP. I. 13

mio nascimento, avea più che mai invogliato [1749] e insperanzito il mio buon genitore di aver prole maschia; onde fu oltre modo festeggiato il mio arrivo. Non so se egli si rallegrasse di questo come padre attempato, o come cavaliere assai tenero del nome suo e della perpetuità di sua stirpe: crederei che di questi due affetti si componesse in parte eguale la di lui gioja. Fatto si è, che datomi ad allattare in un borghetto distante circa due miglia da Asti, chiamato Rovigliasco, egli quasi ogni giorno ci veniva a piedi a vedermivi, essendo uomo alla buona e di semplicissime maniere. Ma ritrovandosi già oltre l’anno sessagesimo di sua età, ancorché fosse vegeto e robusto, tuttavia quello strapazzo continuo, non badando egli nè a rigor di stagione, nè ad altro, fe’ si che riscaldatosi un giorno oltremodo in quella sua periodica visita che mi faceva, si prese una puntura di cui in pochi giorni morì. Io non compiva allora per anco il primo anno della mia vita. Rimase mia madre incinta di un altro figlio maschio, il quale morì poi nella sua prima età. Le restavano dunque un maschio e una femmina di mio padre, e due femmine ed un maschio del di lei primo marito, Marchese di Cacherano. Ma essa, benchè ve-