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EPOCA TERZA. CAP. VI. 147


li fosse egli andato rithiedendo, e additando [1768] come in confuso. Mille savi consigli mi dava continuamente quel jegnissimo amico; e quello massimamente, di cui non perderò mai la memoria, si fu del farmi coii destrezza ed efficacia arrossire della mia stupida oziosa vita, del non mai aprir lin libro qualunque, dell’ignorar tante cose, e più che altro i nostri pur tanti e si ottimi, Italiani Poeti, ed i più distinti, (ancorché pochi) Prosatori e Filosofi. Tra questi, l’immortal Niccolò Machiavelli, di cui nuli’altro sapeva io che il semplice nome, oscurato e trasfigurato da quei pregiudizj con cui nelle nostre educazioni ce lo definiscono senza mostrarcelo, e senza averlo i detrattori di esso nè letto, nè inteso se pur mai visto l’hanno. L’amico d’Aucunha me ne regalò un Esemplare, che ancora conservo, e che poi molto lessi, e alcun poco postillai; ma dopo molti e molti anni. Una stranissima cosa però, (la quale id notai -molto dopo, ma che allora vivamente sentii •senza pure osservarla) si era, che io non mi sentiva mai ridestare in mente e nel cuore un certo desiderio di studj ed un certo impeto ed effervescenza d’idee creatrici,se non se in quei tempi in cui mi trovava il cuore fortemente occupato d’amore; il quale, ancorché mi di-