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EPOCA TERZA. CAP. VI. |
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città la cui faccia mi dispiacque moltissimo. [1767] Non cosi, di Marsiglia, il cui ridente aspetto, le nuove ben diritte e pulite vie, il bel corso, il bel porto, e le leggiadre e proterve donzelle, mi piacquero sommamente alla prima; c subito mi determinai di starvi un mesetto, per lasciare sfogare anche gli eccessivi calori del Luglio, poco opportuni al viaggiare. Nel mio albergo v’era giornalmente tavola rotonda, onde io trovandomi aver compagnia a pranzo e cena, senza essere costretto di parlare, (cosa che sempre mi costò qualche sforzo, sendo di taciturna natura) io passava con soddisfazione le altre ore del giorno da me. E la mia taciturnità, di cui era anche in parte cagione una certa timidità che non ho mai vinta del tutto in appresso, si andava anche raddoppiando a quella tavola, attesa la costante garrulità dei Francesi, i quali vi si trovavano di ogni specie; ma i piò erano uffiziali, o negozianti. Con nessuno però di essi nè amicizia contrassi nè famigliarità, non essendo io in ciò mai stato di natura liberale nè facile. Io li stava bensì ascoltando volentieri, benché non v’imparassi nulla; ma lo ascoltare è una cosa che non mi ha costato mai pena, anche i piò sciocchi discorsi, dai quali si apprende tutto quello che non va detto.