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EPOCA TERZA. CAP. III. 125


fecero trattenere in Venezia sino a mezzo Giùgno [1767], ma non mi tennero perciò divertito. La solita malinconia, la noja, é l’insofferenza dello stare, ricominciavano a danni i loro aspri morsi tosto che la novità degli oggetti trovavasi ammorzata. Passai piò giorni in Venezia solissimo senza uscir di casa, e senza pure far nulla che stare alla finestra, di dove andava facendo dei segnuzzi, e qualche breve dialoghetto con una Signorina che mi abitava di faccia; e il rimanente del giorno lunghissimo, me lo passava o dormicchiando, 0 ruminando non saprei che, o il piò spesso anche piangendo, nè so di che; senza mai trovar pace, nè investigare nè dubitarmi pure della cagione che me la intorbidava o toglieva. Molti anni dopo, osservandomi un poco meglio, mi convinsi poi che questo era in me un accesso periodico d’ogni anno nella primavera, alle volte in Aprile, alle volte anche sino a tutto Giugno; e piò o meno durevole e da me sentito, secondo che il cuore e la mente si combinavano essere allora piò o meno vuoti ed oziosi. Nell’istesso modo ho osservato poi, paragonando il mio intelletto ad un eccellente barometro, che io mi trovava avere ingegno e capacità al comporre piò 0 meno, secondo il piò 0 men peso dell’aria; ed