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EPOCA TERZA. CAP. II. 117

impostura però) ed ordinato direi,nello stesso [1767] disordine; ed avendo quasi sempre errato sapendolo.

Io viveva frattanto in tutto e per tutto ignoto a me stesso; non mi credendo vera capacità per nessuna cosa al mondo; non avendo nessunissimo impulso deciso, altro che alla continua malinconia; non ritrovando mai pace nè requie, e non sapendo pur mai quello che io mi desiderassi. Obbedendo ciecamente alla natura mia, con tutto ciò io non la conosceva nè studiava per niente; e soltanto molti anni dopo mi avvidi, che la mia infelicità proveniva soltanto dal bisogno, anzi necessità ch’era in me di avere ad un tempo stesso il cuore occupato da un degno amore, e la mente da un qualche nobile lavoro; e ogni qual volta l’una delle due cose mi mancò, io rimasi incapace dell’altra, e sazio e infastidito e oltre ogni dire angustiato.

Frattanto, per mettere in uso la mia nuova indipendenza totale, appena finito il Carnovale volli assolutamente partirmene solo per Roma, atteso che il vecchio dicendo di aspettar lettere di Fiandra, non fissava nessun tempo per la partenza dei suoi pupilli. Io, impaziente di lasciar Napoli, di rivedere Roma;

   Alfieri, Vita. Vol. I. 8