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104 VITA DI VITTORIO ALFIERI.

[1766.] cuni anni prima, quando io era Filosofo, essendomi capitato un Petrarca alle mani, l’aveva aperto a caso da capo, da mezzo, e da piedi, e per tutto lettine, o compitati alcuni pochi versi, in nessun luogo aveva inteso nulla, nè mai raccapezzato il senso; onde l’avea sentenziato, facendo Coro coi Francesi e con tutti gli altri ignoranti presontuosi; e tenendolo per un seccatore, dicitor di arguzie e freddure, aveva poi così ben accolto i suoi preziosissimi Manoscritti.

Del resto, essendo io partito per quel viaggio d’un anno, senza pigliar meco altri libri che alcuni Viaggi d’Italia, e questi tutti in lingua Francese, io mi avviava sempre più alla total perfezione della mia già tanto inoltrata barbarie. Coi compagni di viaggio si conversava sempre in Francese, e così in alcune case Milanesi dove io andava con essi, si parlava pur sempre Francese; onde quel pochin pochino ch’io andava pur pensando e combinando nel mio povero capino, era pure vestito di cenci francesi; e alcune letteruzze ch’io andava scrivendo, erano in Francese; ed alcune memoriette ridicole ch’io andava schiccherando su questi miei viaggi, eran pure in Francese; e il tutto alla peggio, non sapendo io que-