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26 | A G A M É N N O N E |
Che ingiusto Fato a eterna infamia il danna.
Deh potess’io sperar, ch’altro che vita
45Non perderei se in Argo io rimanessi!
Ma, di Tieste figlio, a insulti, e scherni
D’Atride in Corte esposto son. Che fora
Se di te poscia Ei mi sapesse amante?
É ver n’avrei la desiata morte;
50Quanto infame, chi ’l sa? Me fra gli strazj
Veder sariati forza, e in un dovresti
Da quell’orgoglio insultatore udirti
Acerbamente rampognar; quand’Egli
Più non facesse. _ Amor conoscer fammi
55Timor: per te pavento: ancor n’hai tempo:
Obliarmi tu dei: se oscuro io nacqui,
Lascia che oscuro io pera: al mio destino,
Qual ch’ei sia, m’abbandona: eterno esiglio
Mi prescrivo da te. L’antico affetto
60Rendi al Consorte tuo: di te più degno
Se l’amor non vuol, Fortuna, i Numi il vonno.
Clitennestra.
Brevi i momenti son: ragion, Fortuna,