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A T T O P R I M O. | 11 |
Tinto, e grondasse ancor. Sa il Ciel, se in questo
Mio cor regnasse altri che Atride mai,
Finchè il crudel strapparmi osò dal seno
La Figlia, che all’altar vittima ei trasse.
Del dì funesto, dell’orribil punto100
La mortal rimembranza ognor di duolo
M’empie, e d’insana rabbia. Ai sogni vani
D’un’Augure fallace, alla più vera
Ambizion d’un’inumano Padre
Vidi immolare il sangue mio, sottratto105
Di furto a me, sotto mentita speme
Di fausto Imen: fremer d’orror mi sento
D’allora in poi (che più nol vidi) al nome,
Al nome sol di cotal Padre: or s’oggi
Lo tradisse fortuna alfin....
Egisto.
Per quanto110
Stancata Ei l’abbia, non cred’io, che il tergo
Sia per volgergli mai: del Xanto all’onda
Essa de’Greci condottier lo mena:
Più che virtù, fortuna, ivi d’Achille