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76 vittorio alfieri


CIV.

Non di laudarti sazio mai, nè stanco,
Com’uom che ha sempre la tua immago avanti,
Pensando vò qual de’ tuoi pregi tanti
Trattar mia lingua possa, e nol far manco.

Ma più vi penso, e più l’ardir vien manco. —
Come laudar gli angelici sembianti;
Come i costumi alti, leggiadri, e santi;
Come il bel cor candido, umano, e franco?

Che dir del docil, pronto, e mite ingegno
Dell’alma, sola del suo numer una,
Scesa per certo dal celeste regno?

Doti, cui par non se n’aggiunga alcuna:
Pur viene un’altra, ed oltrepassa il segno;
Il non far pompa di virtù nessuna.

CV (1783).

Fole, o menzogne, ai leggitor volgari
(Già il so) parran, queste ch’io chiudo in rime;
E parer denno, a chi d’amor sublime
Non sa i veri sospir quanto sian rari.

Ma, chi nol sa, troppo al mio dir dispari,
Taccia; e se stesso drittamente estime:
O del gran Nume, che in me forza imprime,
A seguir l’orme alto poggiando impari.

Certo a me non l’ingegno, e meno l’arte,
Ministran voci a ragionar d’amore
Col pianto più, che coll’inchiostro, in carte

Le mie parole nascon di dolore,
Che veramente l’anima mi parte,
E tratte son dal profondo del core.