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62 vittorio alfieri


LXXVI.

Là dove solo un monticel si estolle
Su immenso pian, tra l’Oceáno e il Reno;
Dove non Galli son, nè Belgi appieno,
Nata è quella che a me me stesso tolle.

Insuperbir ben puoi, beato colle,
Che le prime vitali aure, nel seno
Spirasti a lei, che non verrà mai meno,
Se i miei carmi non son presumer folle.

Deh! quanti in ciel ben accoppiati punti
D’amiche stelle al suo natal fu forza,
Per tanti pregi in una essere aggiunti!

E a sì bell’alma dar sì bella scorza,
Qual di puri elementi insieme assunti
Felice tempra, che l’invidia ammorza!

LXXVII.

Che mai sarà? quel solo mio conforto
Di tue angeliche note in breve foglio,
Ch’io sempre aspetto, e ognor ricever soglio
Oggi non giunge! e il dì secondo è sorto.

A che più tardo omai? che più sopporto
L’orrida vita in sì mortal cordoglio?...
Tre soli giorni ancor sospender voglio;
E poi saprai che il tuo tacer mi ha morto.

Che mai sarà? forse al dolor vorace
Che stempra il viver nostro a lento foco,
Egro il tuo fianco in letto rio soggiace?

Oh, quanti dubbi! oh quai terrori han loco
Nel cor, donde già in bando era ogni pace!
Se son veri, or mi avanza a temer poco.