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60 vittorio alfieri


LXXII (1783).

Ad ogni colle che passando io miro,
Cui pingue ulivo, o allegra vite adorni,
Dico tra me: Beati almi soggiorni,
S’ella qui fosse! e in così dir, sospiro.

Se in ubertoso pian poscia mi aggiro
Fra limpid’acque, ombrosi cerri, ed orni,
Forza è che invano a dir lo stesso io torni:
Ma, del non esser seco, al fin mi adiro.

Poggi, valli, onde chiare, erbose piagge,
Che ardir fia il vostro di abbellirvi, or quando
La mia donna nel pianto il viver tragge?

Pace e letizia son dal mondo in bando;
Contrade siete inospite selvagge,
Finch’io da lei sto lungi lagrimando.

LXXIII (1783).

Ma, se un dì mai, quella in cui vivo amando,
Di sue pupille a un tempo ardenti e sagge
Avvien che il cor mio solitario irragge;
Oh giorno a me vitale e memorando!

Come il sublime rapido comando,
Del creator dal nulla il tutto estragge,
E di tenebre rie luce ritragge,
L’orbo ingrato universo illuminando:

Così tu, donna, ove il tuo Sol raggiorni,
Ecco, è muto all’istante ogni martíro,
Ecco natura e il mondo rïadorni.

Rida ogni prato allor; puro zaffiro
Sia il cielo; e in doppia aurata luce aggiorni:
L’angoscia e il pianto al tuo apparir spariro.