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50 vittorio alfieri


ODE QUINTA.

Pace del 1783.

I.


Dolce concento di celesti voci
Sparto aleggia sull’aura:
Dentro ogni cor piove felice oblío,
Che i passati martir quasi ristaura:
Taccion le grida atroci
Di guerra; e sangue più non scorre il rio:
L’uomo all’altr’uom più pio,
Per alcun tempo almen, tornato parmi;
Secure ondeggian l’ampie mèssi al vento;
E, ripreso ardimento,
Più non udendo il romorio dell’armi,
Torna il pastore ai carmi.
Ma di sudor grondanti
Per le lor fresche imprese, i Re pur veggio
Rasciugarsi le fronti alto-raggianti,
Lena pigliando sul beato seggio.

II.


Quel dal Leopardo, che aggravar volea
Agli Angli suoi più il giogo
E Albïon conquistar nel nuovo mondo,
Il Britanno poter condotto al rogo
Ha con tal voglia rea:
Quel dal Giglio parer vorria giocondo:
Così il Batavo biondo,
Cui da non guerra pur ridonda pace;
E in longanime orgoglio invan racchiuso,
Lo assediator deluso
Della gran Calpe più di lui tenace:
Ma questa lega giace
Vittorïosa in pianto.
Ben dell’armi sue prime andarne altera
Può l’America a dritto, essa che il vanto
Ritratto n’ha di libertade intera.