Tu, rapitor del fulmine celeste
Già fin da’ tuoi verdi anni,
Ch’or con più ardire e non minore ingegno
Apportatrici di più lunghi affanni
Saette ai buoni infeste
Tolte hai di man di terren Giove indegno
D’aver sui forti regno;
Tu, vivo ancor fra’ semidei già posto,
Francklin, padre, consiglio, anima, mente
Di libertà nascente;
Tu mi sii scorta al canto: ho in te riposto
Speme, che di nascosto
Dramma d’etereo foco,
Ond’hai tu il tutto, entro il mio petto or spiri;
Sì che, se laude in te più non ha loco,
Nel tuo Secondo audacemente io miri.
Ma dove a vol, dove mi ha ratto l’alta
Accesa fantasia?
Ecco a me spalancarsi, ecco le grotte
Di Tenaro, là dove ampia dan via,
Chi il cor d’acciar si smalta,