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46 vittorio alfieri


Liberamente ei presta obbedïenza;
Come ad amarlo induce
Non che il nemico anco qual uom più aggravi
L’invidia, coi soavi
Nobili suoi non pria veduti modi.
Vedi alfin, vedi, or che l’aurato giglio
Là con miglior consiglio
A guerreggiar condotto ha stuol di prodi,
S’è chi quant’ei si lodi.
Là fra i perigli il lascia:
A Marte caro e a Libertade, il nome
Eterno avrà, pur che alla infame ambascia
Non rieda ei mai di cortigiane some.


ODE QUARTA.

Commenda il General Washington.

I.


Tu, rapitor del fulmine celeste
Già fin da’ tuoi verdi anni,
Ch’or con più ardire e non minore ingegno
Apportatrici di più lunghi affanni
Saette ai buoni infeste
Tolte hai di man di terren Giove indegno
D’aver sui forti regno;
Tu, vivo ancor fra’ semidei già posto,
Francklin, padre, consiglio, anima, mente
Di libertà nascente;
Tu mi sii scorta al canto: ho in te riposto
Speme, che di nascosto
Dramma d’etereo foco,
Ond’hai tu il tutto, entro il mio petto or spiri;
Sì che, se laude in te più non ha loco,
Nel tuo Secondo audacemente io miri.

II.


Ma dove a vol, dove mi ha ratto l’alta
Accesa fantasia?
Ecco a me spalancarsi, ecco le grotte
Di Tenaro, là dove ampia dan via,
Chi il cor d’acciar si smalta,