Eppur (nuovo d’amor miracol strano)
Io d’ira pien, l’ira raffreno in petto,
E piacevol mi mostro in volto umano
Del tuo tiranno all’abborrito aspetto:
Mentre, s’io udissi il mio trasporto insano,
Sapria ben ei qual chiude in seno affetto;
Ei, con suo danno, al paragon vedria,
Qual di noi degno di ottenerti sia.
Ma, poichè a far tuoi dì meno infelici
Giova ch’io soffra e taccia, abbiti in dono
Quanti moti potran le Furie ultrici
Destarmi in cor, dove han perpetuo trono;
Dove, di nuove pene aspre inventrici,
Dì e notte intente a tormentarmi sono.
Io soffrirò, tacendo; e, pria che dire,
Tu mi vedrai di rabbia e duol morire.
Ma, non ti do del non temer parola:
Solo in pensar, che preda sei di un vile,
Cui tua beltade ed innocenza sola
Oppor tu puoi con pazïenza umíle,
Parmi ch’uom v’abbia ognor, che in su la gola
Minaccioso mi tenga ignudo stile.
Nè mai per me tanto tremar poss’io,
Quanto in pensare a un tuo destin sì rio.