Luce degli occhi miei,
Oh quanto breve è il lampo
Onde il cor tenebroso a me rischiari!
Oh come fuggon ratti e tornan rari
Quegli istanti, onde scampo
Trovo ai tormenti rei
Del vivo fuoco di cui tutto avvampo!
Pochi dolci momenti, oh quanto amari
Parer mi fate e lunghi i giorni interi,
Che in funesti pensieri
Da lei lontan poi trapassare io deggio!
Tornare, è ver, ma oh come tarde e tante
Tornar le veglie sospirate io veggio!
Fossi almen d’ogni angoscia allora esente;
Che l’ombre assai men greve
Mi parrìa l’aspettar, e il dì più breve!
Ma (oh debile conforto
Al mio desire immenso!)
Che ottengo allor, se non di furto un guardo?
Che poss’io dir, se non di furto: Io ardo?...
Forse puoi ciò ch’io penso
Legger nel viso smorto,
Nel cupid’occhio al rimirarti intenso.
Ma un cor piagato d’amoroso dardo
Non si appaga di poco: e un nulla io chiamo
A lato a quel ch’io bramo,
Il poter dirti mille volte il giorno
Ch’io sol per te l’aura vital respiro.
Qual fia dunque il mio stato, or che d’intorno
Cinta da tanti esplorator ti miro?
Or che non pure i detti,
Ma deggio anco i sospir tener ristretti?
È ver, poco mi pare,
Quand’io ti siedo a lato,
Il sogguardarti coll’occhio tremante:
Quando, benchè nel cuor fervido amante,
Sotto aspetto gelato
Mi ti debbo mostrare:
Ma da te sono appena allontanato,
Che dolce io chiamo e benedetto istante
E sol felice e sol cagion di vita,
Quello in cui gradita
Vista di quanto bene al mondo io m’abbia,
Non vien ritolta ai languidi miei lumi.
Oh quant’ore di duolo in pianto in rabbia