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rime varie 23


XLI (1778).

Apollo, o tu, cui le saette aurate
Dell’arcier vincitor d’uomini e Dei
Trasser dal fianco sospirosi omei,
Te Dio sforzando ad implorar pietate;

S’io, qual mel penso, son tuo sacro vate,
Se grati unqua ti furo i preghi miei,
Oggi, deh! scendi a trar d’error costei,
Che sol tue suore assévra essermi grate.

Vieni, e le narra come a Péneo in riva,
Servo tu pur d’amore, un dì seguisti
Dafne, posta in oblio la cetra e il canto.

Dille, che in noi, più che dei carmi, è viva
D’amor la fiamma; e al fin per te si acquisti
Fe, se non premio, al mio verace pianto.

XLII.

Galli, Russi, Britanni, e quanti mena
Seco aquilon gelato ai nostri liti,
Sia che al venir più dolce aere v’inviti,
E terra assai, più che la vostra, amena;

O sian l’arti divine, onde già piena
L’Italia, or par che a voi la via ne additi;
Che val mostrarvi in chiacchierar sì arditi,
E in eseguirle aver sì corta lena?

Pascanvi pur di Bacco e di Pomona
Gli ampj doni; pascete ed occhio, e mente
(Se mente ed occhio è in voi) di tele e marmi.

Ma il saputello cinguettìo, che introna
L’orecchio a noi, volgete ad altra gente;
O ch’io rivolgo in voi pungenti carmi.