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rime varie 19


XXXIII.

Or sì, che m’ami; or non fallaci ho i segni
Visto di caldo amor tra ciglio e ciglio,
Dove, non senza mio grave periglio,
Scorsi una nube di gelosi sdegni.

Gli occhi d’amare lagrime eran pregni
E parean minacciarmi un duro esiglio;
Tal ch’io mi presi di tacer consiglio,
Nè osai pur dirti: Sola in me tu regni.

L’ira, che molto in cor gentil non dura,
Fuggiva; e serenarsi a poco a poco
Vedea la fronte turbatetta, e oscura:

Ma non avean perciò mie voci loco:
Io piangeva, e tacea. La fè si giura
Meglio col pianto, allor che vero è il foco.

XXXIV (1778).

Negri panni, che sete ognor di lutto,
O vero o finto, appo ad ogni altri insegna;
Io per sempre vi assumo oggi che degna
Libertà vera ho compra al fin del tutto.

Rotti ho i ceppi in cui nacqui: a ciglio asciutto,
Gli agi paterni dono, e in un la indegna
Lor servitù, che a star tremante insegna,
E a non côr mai d’alto intelletto il frutto.

L’ostro, l’infamia, i falsi onori, e l’oro,
Abbian quei tanti, in cui viltade è innata,
Pregio il servire, il non pensar, decoro.

Io per me, sorte stimo assai beata
Non conoscer nè ambire altro tesoro,
Che fama eterna col sudor mercata.