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l’etruria vendicata. — canto iii 213


CANTO TERZO.


Ma intanto il sir della Toscana gente
Siede a consiglio infra gli eletti suoi.
Gran senno ivi si aduna, eccelsa mente,
Quanta ne avesser mai gli Achivi eroi.
Calliope, o tu che dal maligno dente
D’oblío sottrar chi più t’aggrada puoi,
Costor mi narra e lor virtudi, e come
Si acquistasse ciascuno eterno il nome.

Ecco primier d’Agamennóne a destra
Anabatisso, de’ gran grandi il primo:
Questi al prence i corsier sceglie ed addestra.
Oltre ogni incarco il suo grave n’estimo
In vederlo qual rôcca in cima alpestra,
La cervice innalzar, che, già nel limo
Depressa a lungo da men alte cure,
Fan sì superba or le cavalcature.

Dopo costui Clidofilace siede,
Altra grande non men base del regno:
D’ira fremendo, mal suo grado ei cede
Il passo ad uom del primo onor non degno;
Che, se pur l’altro in dignità il precede,
Ei lo soverchia in gentilezza e ingegno.
Questi le regie chiavi aurate tiene,
E se le appicca in fondo delle rene.

Segue Maghizzo poi del terzo onore
Contento appien; perchè il ducale ventre,
Ch’ei satollar si studia, al suo signore,
Fa che di tutti assai più in grazia egli entre:
Solo è che in corte livido colore
Non pinga in volto e rabbia non concentre;
Cinge d’ampio grembiul l’obeso fianco
Pe’ gran conviti rilassato e stanco.