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196 | vittorio alfieri |
Là sovra eccelso carro trionfale,
Cui ben otto destrier bianchi di neve
Tiran, si vede il padre santo eguale
Fatto alle nubi andarsen lieve lieve
Gli orli del ciel lambendo, in atto tale
Che tu diresti: or Dio seco il riceve.
D’ogni intorno s’atterrano i fedeli,
Cui con due dita in croce ei schiude i cieli.
Tali, o con pompa forse assai minore,
Roma a salir già vide in Campidoglio
Que’ suoi folgor di guerra, onde terrore
Si fea del mondo e ne acquistava il soglio.
Essi coll’armi, e il buon roman pastore
Colla verga rintuzza altrui l’orgoglio:
Tanto è dover ch’ei più trionfi e goda,
Quanto il da men, se vince, ottien più loda.
E, affinchè niun de’ leonini pregi
A tacer s’abbia, ora il pittor cel mostra
Seduto a mensa infra apparati regi
Far di squisito gusto santa mostra;
E a lui d’intorno in blanda faccia egregi
Uomini star cui già lor speme innostra
Sadoleto Arïosto e Bembo ed altri,
Tutti, più che il secondo, in corte scaltri.
Or di giustizia al tribunal severo
Dannare il vedi a infame e cruda morte
Due Cardinali, che a lui trar d’impero
Veleno usâr non qual voleasi forte:
Rinnova in essi il successor di Piero
Quella che Giuda s’ebbe estrema sorte;
Devoto laccio ai sacri colli ei cinge,
Che a viva forza in ciel lor alme spinge.
Per ristorar poi la romana Chiesa
Dei duo baron tolti al purpureo coro,
Ne crea ben altri trenta in sua difesa;
E in mezzo al venerando concistoro
Sta meditando alta guerriera impresa,
Che costerà gran sangue e gran tesoro
A Roma no, ma ai principi cristiani;
Gerusalemme trar di man de’ cani.