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rime varie 13


XXI.

Bieca, o Morte, minacci? e in atto orrenda,
L’adunca falce a me brandisci innante?
Vibrala, su: me non vedrai tremante
Pregarti mai, che il gran colpo sospenda.

Nascer, sì, nascer chiamo aspra vicenda,
Non già il morire, ond’io d’angosce tante
Scevro rimango; e un solo breve istante
De’ miei servi natali il fallo ammenda.

Morte, a troncar l’obbrobrïosa vita,
Che in ceppi io traggo, io di servir non degno,
Che indugj omai, se il tuo indugiar m’irrita?

Sottrammi ai re, cui sol dà orgoglio, e regno,
Viltà dei più, ch’a inferocir gl’invita,
E a prevenir dei pochi il tardo sdegno.

XXII.

Negri, vivaci, e in dolce fuoco ardenti
Occhi, che date a un tempo e morte, e vita;
Siate, ven prega l’alma mia smarrita,
Per breve istante a balenar più lenti.

Di vostra viva luce in parte spenti
Bramo i raggi per ora, ond’io più ardita
Mia vista innalzi, e come Amor m’invita,
Lei con mie rime di ritrarre io tenti.

Voi, voi ne incolpo, se il soave riso,
Se il roseo labro, e ad uno ad un dipinto
Gli atti non ho del suo celeste viso.

Ah, che a tropp’alta impresa io m’era accinto!
Questi occhi han me da me sì appien diviso,
Ch’oltre mia lingua, ogni mio senso è avvinto.