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rime varie 175


CCLXXVII.

TELEUTODIA.1


20 gennaio 1799.

ODE.

Strofe I.


Scorso è dal labro, e in un dal petto è scorso
Un mio solenne inesorabil giuro,
Per la tua chioma aurata
Cui tergi, o Apollo, entro il Castalio puro,
Di non più mai sciorre a mie rime il morso,
Tosto che saettata
Avrebbe il veglio dall’alato dorso
La freccia in me del cinquantesim’anno.
Ecco, teso ei già l’arco,
Per iscoccarla stassi: e in fuga vanno,
Sdegnosi già pria d’esser colti al varco,
Gl’immaginosi affetti e il fervid’estro
Cui forse un dì spiravi a me pur destro.




  1. L’autore prega i begli spiriti di non volerlo a bella prima tacciar di pedante, perch’egli abbia un pocolin grecizzato nella distribuzione di questa sua ultima ode e nell’intitolarla Teleutodia. E l’autore supplica anche più caldamente i pedanti di non lo tacciare nè di bello spirito, nè di saccentello, perch’egli abbia fatto di queste due voci greche un raccozzamento che finora non si trova registrato nei lessici greci. Vagliano quasi scudo a questa povera Teleutodía le voci ben note di Palinodía, Trenodía, e tante altre così legittimamente già prima da altri formate. E vaglia poi anche ad iscusare l’autore l’evidenza e brevità di questa parola, che così perfettamente viene a definire un agonizzante poeta ed un nascente pedante . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . Sigillai la lira, e la restituii a chi spettava, con un’ode sull’andare di Pindaro, che per fare anche un po’ il Grecarello, intitolai Teleutodía (Vita dell’Alfieri. parte II, pag. 245-46).