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174 vittorio alfieri


CCLXXV (1798).

Non t’è mai Patria, no, il tuo suol paterno,
S’ivi aggiunta non bevi al latte primo
Libertà vera, in cui Virtude ha il perno
Tal, ch’io null’altro al paragon n’estimo.

L’Anglo è tra noi, per ora, il sol che eterno
Può farsi il nome fuor del mortal limo,
Timoneggiando con valor l’interno
Stato, di Leggi al par che d’Armi opimo.

Ma noi tutti altri, quanti Europa n’abbia,
Schiavi o d’Uno, o di Cinque, o di Trecento,
La natalizia abbominevol gabbia

Spregiar dobbiamo, e divorarvi a stento
La magnanima nostra inutil rabbia,
Finchè sia ’l tempo del servir poi spento.

CCLXXVI (1798).

S’io nel comun dolore, allor che tutti
I Buoni soli gemon sotto al peso
Della servil tirannide, compreso
Non fossi primo in sì onorati lutti;

Certo, allor gli occhi non di pianto asciutti
M’avrei, d’alta vergogna il cuor compreso:
Ch’io mostreria, vilmente essermi arreso
A patteggiar d’oppressïone i frutti.

Non che gran parte, mie sostanze intere
Furate a me, me di più Fama ricco
Facciano, e in un mie voci ognor più vere.

Così due volte dal mio Aver mi spicco,
E la mia Libertà con me sol pere:
Nel fango i vili intanto al suol conficco.