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rime varie 173


CCLXXIII (1798).

Povero, e quasi anco indigente, or vuoi
Ch’io pur diventi, o ingiusta Sorte? e sia:
Fammi anche infermo: e serbami a la ria
Esul vecchiezza, ed ai fastidj suoi:

Non perciò tor me stesso a me tu puoi;
Che il durar contro a’ guai gloria mi fia.
Sol v’ha tre strali, a cui nè lieta pria
Mi avresti avvezzo mai, nè avversa poi:

L’onor piagato, che di morte è scoglio;
Libertà, non che tolta, anco scemata;
E di perder mia Donna il fier cordoglio.

All’Onor sopravvivere, bennata
Alma non deggio: a Libertà, nol voglio:
Non posso sopravvivere all’Amata.

CCLXXIV (1798).

Già il ferétro, e la Lapida, e la Vita
Che scritta resti, preparando io stommi;
Nè inaspettata sopraggiunger puommi
Omai Colei, ch’ogni indugiare irríta.

La schiavesca Tirannide inaudita,
Che tutti schiaccia al par minimi e sommi,
Di ciò ringrazio, che il poter lasciommi
Di furarle almen una anima ardita.

Ma non inulta l’Ombra mia, nè muta,
Starassi, no: fia dei Tiranni scempio
La sempre viva mia voce temuta.

Nè lunge molto al mio cessar, d’ogni empio
Veggio la vil possanza al suol caduta,
Me forse altrui di liber’uomo Esempio.