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172 vittorio alfieri


CCLXXI (1798).

Qualch’anni, o mesi, o giorni, o forse anch’ore
Di questo riveder sempre il già visto,
(Che a noi par vita, e riputiamlo acquisto)
Di perenne ansietà ci han colmo il core.

O sia il Non-esser, che di un vano orrore
I dardi avventi al nostro animo tristo;
O sia il timor, di speme invan commisto,
Di un qualch’altro indistinto Esser-di-fuore;

Viver quaggiuso, a qualsivoglia costo,
D’ogni voto è il primier, d’ogni opra è il centro;
E, ai be’ cent’anni anco il cessar, fia tosto. —

Fors’io piagato un po’ men ch’altri addentro
M’era, se Onor se Libertade ho posto
Perni, in cui soli il viver mio concentro.

CCLXXII (1798).

Malinconía dolcissima, che ognora
Fida vieni e invisibile al mio fianco,
Tu sei pur quella che vieppiù ristora
(Benchè il sembri offuscar) l’ingegno stanco.

Chi di tua scorta amabil si avvalora,
Sol può dal Mondo scior l’animo franco;
Nè il bel Pensar, che l’uom pur tanto onora,
Nè gli affetti, nè il Dir, mai gli vien manco.

Ma tu, solinga infra le selve e i colli,
Dove serpeggin chiare acque sonanti,
Tuoi figli ivi di nettare satolli.

Ben tutto io deggio ai tuoi divini incanti,
Che spesso gli occhi a me primier fan molli,
Perch’io poi mieta a forza gli altrui pianti.