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rime varie 171


CCLXIX (1797).

O tu, nella sublime opra d’Apelle,
Di mano e in un di nome egregio Fabro,
Che in quattro tele già il mortal mio labro
Vivo tramandi a molte età novelle;

Ben è dover che a posta mia ti abbelle,
A te volgendo (s’io di lor son fabro)
L’onor de’ Carmi a meritarsi scabro,
Alta eterna mercè dell’arti belle.

Ambo noi contro al saettar d’Oblío
Spinge d’arme diversa armati in campo,
Nobil motor, l’almo Apollineo Dio:

Dunque al dente degli anni un doppio scampo
S’abbia il tuo Colorir dal Cantar mio,
Poichè le rime han men fugace il lampo.

CCLXX (1798).

Di giorno in giorno strascinar la vita,
Incerto sempre, e pallido, e tremante
Or per la pura tua sostanza avíta,
Or per l’amico, or per la moglie amante;

Or per la prole insofferente ardita,
Or per te stesso; e l’aspre angosce tante
D’alma sì atrocemente sbigottita,
Dover celar sott’ilare sembiante:

Nè schermo aver, fuorchè di farti infame,
Contro ai buoni tuoi par brandendo l’asta,
Sgherro adottivo del plebéo Letáme;

E ancor tremar; poich’esser reo non basta,
Per torti all’empie inquisitorie brame: —
La Libertà quest’è, ch’or ti sovrasta.