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164 vittorio alfieri


CCLV (1796).

Speme, il cui ratto ingannator pensiero
Compendia all’uom l’anticipata vita,
Sempre al futuro o all’ideale mero
Sua mente inferma sospingendo ardita;

Speme, i tuoi sogni a noi son util vero
O espresso danno o nullità gradita?
Io per me, troppo in mia sentenza intero,
Abborro te, qual Dea dubbia e scaltrita.

Quel che in te s’immedesma e te fa desso,
Cui mal nascondi, il Paventar perenne,
Ogni tuo ben vuol d’infortunii messo:

Pur, poichè mai niun uom da te si astenne,
Saggio è chi poco all’are tue sta presso
Che qual men le stancò più assai ne ottenne.

CCLVI (1796).

Quando fia, quando mai quel dì beato
(Deh! sia tosto, e sia pur l’ultimo mio!)
In cui dal dolce tuo labro adorato
Potrò sugger a lungo il nettar io?

Assai volte ei mi venne, è ver, libato,
Ma istantaneo momento a voi fuggio,
Onde in ciel ratto a un punto e saettato
Arso rimasi in vie maggior desio.

Attimo fu, pur tal dolcezza immensa
Tanto di sè mi ha colmi i sensi e l’alma
Che l’egra mente mia d’altro non pensa.

Altro non brama ed in null’altro ha calma
Che nella immagin caldamente intensa
D’ambo noi fatti una impartibil salma.