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160 vittorio alfieri


CCXLVII (1795).

Tutto è neve dintorno: e l’Alpi, e i colli,
Ch’oggi il Sol vincitor superbo indora,
Lor nuovo ammanto intemerato ancora
Ti ostentan vaghi, s’ivi l’occhio estolli.

Ma i declivi ubertosi piani molli,
Fra cui l’amena ride attica Flora,
Prendendo a scherno le pruìne ognora,
Verdeggian lieti d’umidor satolli.

Beato nido, a cui qualora il gelo
D’ispide orrende borëali spiagge
Osa affacciarsi, ei stempra il duro velo!

Deh, di mia vita il colmo Apollo irragge
Sotto questo a me fausto etrusco suolo,
Dove ogni oggetto al poetar mi tragge!

CCXLVIII (1795).

L’adunco rostro, il nerboruto artiglio,
Le poderose rapide sonanti
Ali, e il fiso nel Sole ardito ciglio,
Son dell’aquila prode alteri vanti.

Da tal nobile augello io ’l nome piglio:
Forse i miei prischi l’aquile tonanti,
Che vincitrici fero il Ren vermiglio,
Portaro un dì, sotto l’acciar sudanti.

Donde ch’ei nasca, egregio è il nome ed alto;
Mi è grato; io ’l pregio; e il sosterrò, se basto,
Con ali e rostro e artigli e cuor di smalto.

Già di affissare in lui miei sguardi il casto
Febo mi diè: chi muoverammi assalto,
S’anco Giove mi affida il fulmin vasto?