Pagina:Alfieri - Rime varie (1903).djvu/164

158 vittorio alfieri


CCXLIII (1795).

Io mi vo vergognando infra me stesso
Di un’ampia macchia, onde imbrattommi il Fato:
Senz’essa, io forse un uom sariami stato,
Ponendo in fatti ciò che in voci ho espresso.

Mi fea Natura invan del miglior sesso,
Poichè in città non libera pur nato;
Quindi, io sempre al gigante il nano a lato
Figuro in me, quando alti sensi intesso.

Ma Lusinga ingegnosa, anco talvolta
A consolarmi di un tal danno sorge,
Dicendo: «Ogni opra d’uom gli anni han sepolta,

«Men lo scriver che il dolce utile porge:
«Nata in serve contrade anima sciolta,
«O il suo scriver non muore, o un dì risorge.»

CCXLIV (1795).

Bella, oltre l’arti tutte, arte è ben questa,
Per cui sfogando l’uom suoi proprj affetti,
Gli altrui con dolce fremito ridesta,
Mercè gli ardenti armonïosi detti.

Sovr’auree penne in agil volo è presta
Sempre a recar fruttiferi diletti
Di contrada in contrada; e mai non resta;
Che ha i secoli anco a soggiacerle astretti.

O del forte sentir più forte figlia,
Che a’ tuoi fervidi fabri sol dai pace
Quel dì, ch’invida Morte atra li artiglia;

Poesía, la cui fiamma il cor mi sface,
Se al tuo divin furore il mio somiglia,
Deh dammi eterea tu vita verace!