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rime varie 157


CCXLI (1795).

Uom, che barbaro quasi, in su la sponda
Del non Etrusco Tanaro nascea,
Dove d’Itale voci è impura l’onda,
Sì ch’ella macchia ogni più tersa idea;

Più lustri or son, ch’ei la natal sua immonda
Favella in piena oblivïon ponea;
E al vago dir che l’alma Flora inonda,
E labro e penna ed animo volgea.

Se niun di voi, cigni dell’Arno, or vede
Spurio vestigio nel costui sermone,
Cittadinanza di parole ei chiede.

Sacro tributo a Grecia tutta impone
L’unica Atene, di ogni grazia sede,
Cui la Bëozia stolta invan si oppone.

CCXLII (1795).

Discordia stride dalla Eólia gente
All’Etola: e già già l’irata Guerra
Sangue-grondante-il-volto ivi disserra
L’ali sue negre, sovr’essi imminente.

Di stragi e lutto alta cagion fremente
L’impero egli è di Calidonia; terra,
Da cui niun de’ duo eserciti disferra
La pertinace al par che avara mente.

Ecco, inspirato da fatidica arte,
Sorge un Vate, e d’Oméro un carme intuona,
Che Calidonia fa d’Etoli parte.

Oh Greci, incliti figli d’Elicóna!
D’Oméro il carme la battaglia parte. —
Non così Febo a noi Vandali suona.