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rime varie 143


CCXIII (1790).

Amar se stesso, è di Natura legge;
Cui ragion poscia, e gentilezza, ed alto
Pensar rattempra e in guisa tal corregge,
Che l’uom ne vince ogni indiscreto assalto.

E in quella età, che all’impeto men regge,
Vestendo il giovin cor men forte smalto,
Appunto avvien che allor virtù primegge,
Cotale amor seco traendo in alto.

Quant’uom più val, men se medesmo ei prezza:
Ma l’undecimo lustro (oimè!) già il chiama
Ver la prisca mal vinta fievolezza.

Tace poi quasi il bel desìo di fama:
E al suo tepor scalducciasi Vecchiezza,
Se stessa amando, poichè niun pur l’ama.

CCXIV (1790).

E carmi e prose in vario stil finora
Io scrissi, abil non dico, ardimentoso;
Storie, non mai, perchè il carco gravoso
Pensante autor veracemente accora.

Spinger per alto mare altera prora
Può almen l’Epico vate armonïoso;
E l’Oratore, e il Tragico, e il sugoso
Filosofante, han vasto campo ognora:

Arti tutte divine; in cui, ritratto
L’uom qual potría pur essere, s’innalza
Al ciel chi scrive e il leggitore a un tratto.

Ma il pinger casi, ove la vera e scalza
Trista Natura nostra il tutto ha fatto,
Fuor che in Commedia il fessi, a me non calza.