Ecco alfin giunta quella tanto attesa
Dolce epistola tua, Chénier diletto,
Ch’io avrei bramata un pocolin più estesa.
Ma la tua pigrizietta in blando aspetto
Sì ben sapesti appresentar, ch’io credo
Non fosse il tacer tuo di amor difetto.
Io, che pure in pigrizia a nullo cedo,
Vo’ non solo risponderti, ma in versi
E magri assai, per quanto io già mi avvedo.
Ma perchè appunto io so che gli alti e tersi
Piacciono a te, che bevitor del fonte
Carmi scrivi di mèle attico aspersi;
Voglio or perciò queste rimacce impronte
Farti ingoiare in pena del silenzio,
Cui giusto è pur che in modo alcun tu sconte.
Odo che amara è a te più che l’assenzio
Codesta Londra, ove stranier ti trovi:
Ed è vero il supplizio di Mezenzio
Lo star fra gente, ove nessun ti giovi
Co’ bei legami d’amistà giuliva.
Ah! ben tu osservi che di ferro ha i chiovi
Necessitade, inesorabil Diva;
Solo Nume a cui cede anco il tiranno,
Quand’ella a farsi gigantesca arriva.