Stavvi, ripien di crudeltade e tema,
Che di monchi sicarii inutil duce
Dirsi ardisce guerriero. —
Nunzi a costui di volontà suprema
Dei vincitori cittadini, in lieto
E pacifico aspetto, ecco son giunti.
Che indarno ei non impunti
Nel negar l’arme, il prega un sermon queto.
Altro da lui non vuolsi. All’aure il bianco
Segnal di pace, e i caldi preghi aggiunti,
Il rancor di costui dovrían far manco.
Blando e mite ei risponde
Che a ciò s’inoltrin quetamente i pochi.
Giunti appena alle sponde,
Sovr’essi avventa il traditor suoi fuochi.
Donde han mai l’ali? qual non visto Nume
Dei respinti al furore ali ministra
Ad inaudito volo?
Ecco sgorgare, impetüoso fiume,
Il gran popol da destra e da sinistra,
Irresistibil stuolo.
Leggieri più che ventilate piume,
Oltre al ponte primier varcati in frotta
Già stanno: ivi urti, e palle, ed urla, e morti,
E morenti, e risorti:
Null’uom sa il come: ecco allentata e rotta
La catena, che in alto ratteneva
L’ultimo ponte. — Oh generosi oh forti
Voi, che sovr’esso, che a stento cadeva,
D’audace slancio ascesi,
Primi sboccar nell’empia rôcca ardiste! —
Lor nomi indarno io chiesi,
Perchè il debito onore a lor si acquiste.
Ve’ scorrer già la vincitrice piena
Entro alle più riposte erme latébre
Del trïonfato ostello:
Già il ferro ogni empio difensor vi svena.
Già dalle eterne orribili tenèbre
Del lor carcere fello