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124 vittorio alfieri


CXCII (1787).

Ciò che agl’Itali spesso a torto ascritto
Vien da infallibil gallica censura,
Che con falsi concetti abbiam natura
Tradita, e il vero poetar proscritto;

Voglio ch’or mi si apponga, e a giusto dritto,
In questa breve mia strana mistura,
Ove il genio francese almo si appura;
Se il tant’alto mirar non m’è interditto.

Leggerezza che pesa; ingegno stolto;
Franco servaggio; misera ricchezza;
Freddo bollore; acchiuder poco in molto;

Scortese civiltà; scarsa grandezza;
In migliaja di corpi un solo volto...
Parmi, che qui sia il concettar, bellezza.

CXCIII (1787).

Morte già già mi avea l’adunco artiglio
Tenacemente al cor dintorno attorto:
Esangue, e col pensier già in tomba assorto,
Pender su me vedea, turbata il ciglio,

Muta qual madre, sovr’unico figlio,
Quella, per cui di vita i guai sopporto:
E vedea d’altra parte in viso smorto
Starsi l’amico, ond’ha il mio cor consiglio.

Oh! quanti strali trafiggeanmi l’alma!
Lasciar l’amata, l’amico, e la spene
Della sì a lungo sospirata palma!...

Quand’ecco rieder vita entro mie vene.
Gloria, amistade, amore, or voi mia salma
Serbaste... Ah sol per voi la vita è un bene.