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rime varie 121


CLXXXVI (1786).

Donna, s’io cittadin libero nato
Fossi di vera forte alma cittade,
Quel furor stesso, ch’or di te m’invade,
D’egregio patrio amor m’avria infiammato.

Nè il mio secondo amore a te men grato
Fora, son certo: perchè in bella etade
Nata tu pur, saresti or delle rade
Cose, che al mondo il cielo abbia mostrato.

Ma, nati entrambi e in servitù vissuti,
Nessun legame sovrastar può a quelli,
Che han tra noi le conformi alme tessuti.

Tu dunque sola or la mia vita abbelli;
E gli alti sensi tutti in me son muti,
Se a tentar nobil vol tu non mi appelli.

CLXXXVII (1786).

Misera madre, che di pianto in pianto
Vai strascinando la trista tua sera;
E ad uno ad uno i figli amati tanto
Vedi acerbi ingojar da morte fera:

Ad alte prove il tuo coraggio santo
Ponendo or va quei che a natura impera.
Deh, che non ha mio inutil stame infranto,
Pria ch’orbarti di qual più d’uopo t’era!

Io sol per tutti, io primo, ed io che il bramo,
Morir dovea; che gli altri avrianti almeno
Di nepoti accresciuto al tronco un ramo;

E per me mai non stringerai tu al seno
Un pargoletto, che a te sia richiamo,
A sperar quaggiù ancora un dì sereno.