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rime varie 109


CLXII.

Quel mio stesso Frontin, ch’io già vantai,
«Che vi porria ogni padre il proprio figlio»;
Or con suoi tristi modi in tal periglio
Posto m’ha, ch’io credei nol narrar mai.

Ma in ciò (come in tutt’altro) il dir ch’io errai,
Già non mi grava di vergogna il ciglio;
Anzi più sempre stimo alto consiglio
Non dir d’altrui ciò che di te mal sai.

Frontin, già casto e mansüeto affatto,
Perchè un po’ lo sgridai de’ bassi amori,
Fellon, rabbioso, traditor si è fatto:

E mi si avventa; e in sua favella: muori:
Grida; e co’ morsi infra i suoi piè mi ha tratto. —
Quasi, ch’io fui d’ogni mia angoscia fuori.

CLXIII.

Si disse, io ’l seppi, e dirsi anco dovea,
Che per ragion, (che in ver non fu di stato)
Dai sette colli io men partia cacciato;
Cosa, onde onor più ch’onta in me cadea.

Poichè, se al padre santo ciò piacea,
Dritto o non dritto, espulso io sarei stato;
E s’ei nol volle far, benchè pregato,
Fu perchè in quella umor negante avea.

Dorriami assai, se da cittade vera,
Non l’arbitrio d’un sol, ma offesa legge
Fuor mi serrasse, anco da sesta a sera.

Spesso in ben d’altri il proprio mal si elegge:
Parer cacciato io volli, eppur non l’era:
E il seppe Amor, ch’ogni opra mia sol regge.