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rime varie 107


CLVIII.

Io credea, ch’oltre l’Alpi ambo tornati,
Donna mia, noi vivremmo uniti in pace;
Ma i riguardi, già tanti, or raddoppiati
Trovo; e quindi il dolor vie più mi sface.

Dunque disgiunti ancora, e allontanati
Sarem da dura opinïon mendace,
Per cui vengon dal mondo ognor biasmati
Gli stessi error, che tutto giorno ei face?

Oh me infelice! che quanto più t’amo
Di vero e forte amor, tanto più deggio
Negarmi sempre ciò che sempre io bramo;

Tua dolce vista; oltre cui nulla io chieggio.
Ma, non sa il volgo, a cui mal noti siamo,
Che il cor tuo puro è d’onestade il seggio.

CLIX (1785).

Scevro di speme e di timor, languisco,
Come in torpida calma inerte giace
Nave, che dianzi a fronte d’ogni risco
Le tempeste del mar sfidava audace.

Viver m’e’ noja, e romper non ardisco
Pure il mio stame, che ogni dì si sface;
Ma non è solo di natura il visco
Quel che mi tien con nodo sì tenace:

Amor di tempo in tempo a me si mostra,
Quasi incerto, lontano, e cieco lume
Ad uom smarrito in sotterranea chiostra;

E vuol che il mio sperar, di nuove piume
Armato, rieda col timore in giostra;
E ch’io frattanto in pianger mi consume.