Pagina:Alfieri - Rime varie (1903).djvu/101


rime varie 95


CXXXIV (1784).

Lontano (ohimè!) già mesi, e mesi, e mesi
Da lei, che mai d’un’ora io non lasciava;
Da lei, ch’ogni mio affanno allevïava,
E da chi il fior d’ogni bell’opra appresi:

Or, che ver ella ho pur miei passi intesi,
Tal di lagrime è in me l’usanza prava,
Che ancor di pianto il mio ciglio si aggrava,
Nè mi par ver ch’io tal vïaggio impresi.

Dubbio fra me, pensoso, palpitante,
Dico a me stesso: e fia possibil cosa
Ch’io la riveggia, e non le muoja innante?

Poi nella stanza del cor più nascosa
Nasce un tremito, e cresce ad ogni istante,
Qual d’uom, che immenso ben sperar non osa.

CXXXV (1784).

Donna, or più giorni son che a caldo sprone
Vengo seguendo l’orme tue novelle;
E in ogni loco chieste, odo novelle,
Che mi dovrian pur dar speranze buone.

Di tua beltà la dolce visïone
Precedendo mi va con ali snelle;
E tratto tratto a me le fide stelle
Par ch’ella volga, e che il tuo dir mi suone.

Son lieto, è ver, ma di letizia muta,
Qual di chi aspetta, e col desio sol tiene,
Cosa che lungamente avea perduta.

Io n’ho certezza; eppur temenza viene,
E di sue larve hammi la mente empiuta.
Oh quante in troppo amar s’inventan pene!