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52 rime varie


Fu guerra questa, ove il cercarsi ognora
L’osti1 fra lor né il ritrovarsi mai,
Fu il piú atroce de’ guai?
11Ben féro:2 esser cagion perché l’uom mora
Può un’erba vil, che odora
Infusa in bollent’onda;
Bevuta, i corpi al par che l’alme snerva?3
Pur dall’ultima d’India infame sponda
Va l’America a far povera e serva.

VIII.


Maratona, Termopile, l’infausto
Giorno di Canne stesso,
Guerre eran quelle: e ria cagione il vile
Lucro servil non era; ove indefesso,
D’avarizia inesausto,
6Tutti scorrendo i mar da Battro a Tile,
Veglia il moderno ovile.4
Pace era quella, che d’Atene in grembo
Con libertade ogni bell’arte univa;
Dove a un tempo si udiva
11Di varie e dotte opinïoni un nembo. — 5
Ma in questa età, che è lembo
D’ogni bell’opra estremo,6
Qual fia tèma di canto? a chi secura
Volgo mia voce, mentr’io piango e tremo? —
«Ahi, null’altro che forza, al mondo dura!»7


  1. 9. L’osti, gli eserciti.
  2. 11. Féro, fecero.
  3. 14. Veramente il thè, produzione speciale della Cina (l’ultima d’India infame sponda), non isnerva i corpi, ma è un eccitante, come il caffè.
  4. VIII. 3-7. Fra le tante manifestazioni della vita pratica che l’A. odiò, come l’avvocatura, il militarismo etc., mortalissimamente egli ebbe in odio il commercio, e ne fece argomento di una delle sue satire. — Lucro servile, guadagno conveniente ad anime basse, — Avarizia; avidità. — Battro (Bactrum) è un fiume dell’Asia, Tile (Tule) corrisponde forse all’Islanda: da un capo all’altro del mondo.
  5. 11. Un nembo, un’infinità.
  6. 12-13. La nostra età è cosi nemica d’ogni bell’opera che piú non potrebbe.
  7. 16. Rifacimento del noto verso del Petrarca (Rime, CCCXXIII):
    Ahi nulla altro che pianto al mondo dura!
    Terminata l’ode alfieriana per la pace del 1783, si legga ora la seg. saffica del Fantoni sullo stesso argomento, e si vedrà con quanta minor forza e larghezza d’idee, sebbene con maggior venustà, l’Orazio toscano tratti il grande soggetto:
    Pende la notte: i cavi bronzi io sento
    L’ora che fugge replicar sonanti:
    Scossa la porta stride agl’incostanti
    Buffi del vento.
    Lico, risveglia il lento foco, accresci
    L’aride legna; di sanguigna cera
    Spoglia su l’orlo una bottiglia, e mesci
    Cipro e Madera.
    Chiama la bella occhi - pietosa Iole
    Dal sen di cigno, dalle chiome bionde,
    Simili al raggio del cadente sole
    Tinto nell’onde.
    Recami l’arpa del convito: intanto
    Che Iole attendo, agiterò vivace
    L’argute fila, meditando un canto
    Sacro alla pace.