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di vittorio alfieri 25


Debile canna ondeggio ai venti giuoco;1
Or temo, or bramo, or vado, or penso, or scrivo;
Ma il fin di tutto è ognor di pianto un rivo,
8Voler, poi disvoler, né aver mai loco.
Or dico; Ardir, mio core; altrui se’ caro:
Acquetati. — Che giova? (ei mi risponde)
11Viver senz’essa è piú che morte amaro.
Medica man pietosa, alle profonde
Mie piaghe è tardo, è vano ogni riparo,
14Se a me il destin per breve ancor ti asconde.


XXIX [xlix].2

Vorrebbe l’aspetto della Natura

conforme al suo stato doloroso.

Sole, di un mesto velo tenebroso
Io ti vedea coprir gli almi tuoi rai
Ieri, in quel punto orribil doloroso,
4In cui dalla mia donna mi strappai.
E parea quel tuo aspetto lagrimoso
Dirmi: Non vidi nel mio corso mai
Caso d’amor piú rio, né piú sforzoso3
8Commiato, né piú veri e crudi lai.
Oggi, perché mostrar serena tanto
E allegra a me la tua raggiante fronte?
11Che? non è tutta or la natura in pianto?
Oh qual sollievo è che in altrui s’impronte4
Del dolor nostro almen l’esterno ammanto!5
14Piú dolce allor del lagrimare è il fonte.


    degli anni, né potei mai proseguire nessun lavoro; né lettura, né altro. Presi dunque il compenso di andarmene a Napoli...» (Aut., IV, 8). A questo periodo si riferisce il surriferito sonetto che ha nel ms., oltre la data: «9 gennaio 1781» l’indicazione: «Prima lontananza dal dí 26 decembre 1780 fino al 10 o 11 febbraio 1781».

  1. 5. Anche altrove, ma per altra ragione, l’A. paragona se stesso ad una debole canna.
  2. Rimasto solo pochi giorni a Roma, verso la metà di febbraio del 1781, l’A. andò, come si era proposto, a Napoli e a questa seconda lontananza, che si protrasse fino al 12 di maggio, come rilevasi da una postilla del ms., si riferisce il presente sonetto.
  3. 7. Sforzoso; che costasse maggiore sforzo, maggior dolore, ma è brutto e inusitato vocabolo.
  4. 12. S’impronte, s’imprima.
  5. 13. Ammanto, aspetto.