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6 rime varie


D’indole generoso.
Dite... Che piú? m’avveggo
Che al vostro dir non reggo...
Pietosi adunque al mio martir tacete...
33E in un1 con me piangete.


VI [ii 2].2

Sospiri d’amore.

canzone

Le gravi e dolci cure3
Che fra timore e spene
A vicenda han diviso il viver mio
Perché provare, e non narrar poss’io?
Pur l’amorose pene
6Sono a soffrir men dure,
Se in qualche modo di sfogarle avviene:4
Nè a ciò bastante è il pianto, ancor che un rio
N’esca tuttora dagli occhi dogliosi.
Portar piú a lungo ascosi
11I miei martir quindi non vo’... Ma in voce
Come li narro5 a lei, se a lei dappresso
Vien meno il dire? Or, se il tacer mi nuoce
Ed accenti formar non mi è concesso,
Parli dunque la penna,
Che, s’ella il duol non spiega almen lo accenna.
Luce degli occhi miei,
18Oh quanto breve è il lampo
Onde il cor tenebroso a me rischiari!
Oh come fuggon ratti e tornan rari
Quegli istanti, onde scampo6


  1. 33. In un, insieme.
  2. Con un viaggio a Roma, compiuto nel decembre del 1777 e che fruttò il son. Vuota insalubre region che stato cui vedremo in appresso, l’A. volle mettere alla prova il suo cuore e veder se poteva o no vivere lontano dalla Contessa d’Albany, conosciuta a Firenze. «L’andare, lo stare, e il tornare», scrive egli al cap. 6° dell’ep. IV. dell’Autobiografia «furono circa dodici giorni. Rividi nelle due passate da Siena l’amico Gori, il quale non mi sconsigliò da quei nuovi ceppi, in cui già era piú che mezzo allacciato; onde il ritorno in Firenze me li ribadí ben tosto per sempre». Al periodo de’ dolci sospiri appartiene la surriferita canzone, composta a Firenze il 29 dic. 1777. Le strofe di essa sono cosí composte: abCCbaB CDdEFEFgG, il congedo, Aa-bB.
  3. 1. Cure, affanni.
  4. 7. Avviene, si può.
  5. 12. Li narro, li posso narrare.
  6. 21-23. Può notarsi qualche analogia