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2 rime varie


Dansi co’ larghi petti orribil urto;1
E dagli occhi spirando entrambi morte,
Vuol darla Alcide2 a forza, Antéo di furto.4
Usa ogni arte, ogni schermo, Antéo men forte;
Spinto è tre volte a terra, e tre n’è surto:
Ch’egli appena l’ha tocca, ella gli ha porte
Forze novelle ond’è il valor risurto.38
Ma chi contr’Ercol basta? Ecco egli afferra4
Lo astuto schermidor con man tenace,
E dalla terra madre alto lo spicca:511
Quanto ei si sbatte piú, vieppiú lo serra;
Quindi al suol lo stramazza, e vel conficca:
Per non risorger mai prosteso ei giace.14


II [v].6

Loda le bellezze di una signora.

Negra lucida chioma in trecce avvolta;
Greca fronte, sottili e brune ciglia;
Occhi, per cui nessuna a lei somiglia,
Cui morrò per aver visti una volta;4


  1. 2. Il Tasso (Gerus. lib., XII, 56), di Clorinda e Tancredi:
    Dansi co’ pomi e infelloniti e crudi
    Cozzan con gli elmi insieme e con gli scudi.
  2. 4. Alcide, Ercole.
  3. 3. Lucano, op. e loc. cit:
    Utque iterum fessis iniecit brachia membris,
    Non expectatis Antaeus viribus hostis,
    Sponte cadit, maiorque accepto robore surgit.
    Di fianco a questa quartina sono nel ms. le segg. parole del Tasso:
    Quasi mastin che ’l sasso onde a lui porto
    Fu ’l duro colpo...
  4. 9. Verso non bello e che dà suono quanto mai sgradevole.
  5. 11. Più chiaro Lucano, presso il quale Ercole mostra di aver compreso onde venivano ad Antèo sempre rinnovate le forze:
    Ut tandem auxilium tactae prodesse parentis
    Alcides sentit: ‘Standum est tibi, dixit’ et ultra
    Non credere solo, sternique vetabere terra:
    Haerebis pressis intra mea pectora membris.
    Huc, Anteae, cades., Sic fatus, sustulit alte
    Nitentem in terras iuvenem, morientis in artus
    Non potuit Nati Tellus submittere vires.
  6. «In seguito poi di questi tre primi sufficienti sonetti [Il ratto di Ganimede, La lotta di Ercole e Antéo, Venere e Marte] come se mi si fosse dischiusa una nuova fonte, ne scaturii in quell’inverno troppi altri; i piú, amorosi, ma senza amore che li dettasse. Per esercizio mero di lingua e di rime avea impreso a descrivere a parte a parte le bellezze palesi d’un’amabilissima e leggiadra signora; né per essa io sentiva neppure la minima favilluzza nel cuore; e forse ci si parrà in quei sonetti piú descritti che affettuosi. Tuttavia, siccome non mal verseggiati, ho voluto quasi che tutti conservarli, e dar loro luogo nelle mie rime». (Aut., IV, 3). Questi sonetti, il primo dei quali esprime compendiosamente l’elogio di quelle bellezze della Signora che vengono, a parte a parte, descritte e lodate negli otto seguenti (tanti ne pubblicò l’A., ma ne scrisse sedici) furon composti nel dicembre del 1776 e nel gennaio